In fuga da Messina

Messina ha un primato negativo. Apre la classifica dello spopolamento in Sicilia, con 18000 abitanti in meno in dieci anni. Secondo le ultime stime, ne ha persi tremila in soli 18 mesi, passando dai 221.246 di fine 2021, ai 218.026 al 31 maggio 2023.

La decrescita della popolazione cittadina, pari a più di trentamila abitanti in vent’anni, rappresenta un dato spaventosamente significativo. Il problema investe, ovviamente, anche la città metropolitana, in quanto si registra una perdita di residenti pari all’8% (dai 661.000 del 2001 ai 603.000 del 2021), che influisce non soltanto sulla densità abitativa, ma anche sull’età della popolazione. Il rapporto tra i residenti over 65 e quelli under 14 è infatti di 202 a 100, ovvero gli anziani sono oltre il doppio dei bambini, a fronte di una media italiana di 177. Per intenderci, questo rapporto era di 156 a 100 nel 2001.
La città è sempre più “vecchia”; le indagini mostrano inoltre come il 19% dei giovani di età inferiore a 34 anni scelga di emigrare. Questo processo appare inarrestabile; ma se esiste un “caso Messina”, rispetto a un depauperamento che ci riguarda tutti, perché mette in crisi il futuro della città, mai come oggi “trattenere le intelligenze” non può più essere solo uno slogan. Deve diventare un progetto.
Come ebbi a scrivere nel report del 2021 “Messina: un’istantanea sull’economia della città”, dedicato in particolare ai giovani “che stanno per assumere decisioni importanti per il loro futuro, sia in relazione agli studi universitari da compiere, sia all’eventuale lavoro o attività da intraprendere”, per immaginare la Messina del futuro resta fondamentale delineare strategie in grado di modificare radicalmente la dinamica del sistema di una città, già due anni fa, devastata dalla crisi economica “per non parlare dello spopolamento, dell’invecchiamento della popolazione e della fuga di giovani qualificati”.
Non è cambiato nulla da quella analisi, se non in peggio.
In quel report, supportato da una visione, avevo enucleato una serie di settori produttivi sui quali puntare. Fra i tanti, l’Università. Proponevo che le Università di Messina e Reggio si impegnassero a sostenere la nascita di un polo di formazione tecnico-scientifica internazionale che guardasse ai paesi del Mediterraneo; come pure che si potenziasse il trasferimento delle conoscenze tecnologiche dall’Università alle imprese. E oggi sostengo ancora fermamente che il ruolo del nostro Ateneo nel trattenere i giovani in città, nel formarli, nel dare loro possibilità di costruire il futuro lavorativo, e non solo, nella loro terra, deve essere incentivato come una delle maggiori risorse cittadine. Occorre lavorare affinché l’Università rivesta un ruolo attrattivo e trainante per la popolazione giovanile.