Non ci possiamo accontentare della mediocrità

Premetto che condivido la posizione di coloro i quali sostengono che le graduatorie relative alla qualità delle università vanno prese con la dovuta cautela, soprattutto se elaborate da società esterne le quali usano criteri diversi tra loro e attingono a banche dati differenti. A ciò si aggiunga che l’Ateneo messinese ha da sempre “sofferto” la classifica Censis, mentre viene premiato da altre valutazioni, come quella de “Il Sole24Ore”.
Sono un po’ meno d’accordo, invece, con chi sostiene che l’interpretazione dei numeri può essere ampia, poiché, se per un verso è vero che essi costituiscono comunque una rappresentazione della realtà, per altro l’arbitrarietà dell’analisi non può avere spazi eccessivi. Se, ad esempio, si confrontano le performance in termini diacronici, è bene avere maggiori termini di paragone rispetto a quelli del solo anno precedente. Così, l’approfondimento giornalistico dedicato al Rapporto Censis 2023 sulle Università italiane, ci restituisce non soltanto il dato di un’Università che passa dall’ultimo al terz’ultimo posto nella valutazione delle grandi atenei statali, ma anche – e forse questo l’aspetto più interessante – una fotografia dell’ultimo quinquennio. Nel 2018, quando l’attuale governance si è insediata, Messina occupava la 12ma posizione (con 79 punti) su 16, oggi la 16ma su 18 (con 77,7 punti). Stando ai parametri utilizzati da chi ha redatto il report, si nota come in alcune voci si siano registrati passi indietro, nonostante gli importanti investimenti. È il caso delle borse (da 77 a 75) e delle strutture (da 91 a 82). Fa riflettere anche il fatto che i servizi siano rimasti stabili (con 70 punti). Di contro, la prima Università in lista, Pavia, è passata da 87,8 punti del 2018 a 91,2 del 2023.
Stessa logica può essere applicata guardando alle immatricolazioni: è stato accolto con soddisfazione un aumento dell’8,3% nel 2022/23, ma allo stesso tempo ricordo che nel 2016/17 la crescita aveva toccato il 13% e, nel 2017/18, il 9,7%.
A scanso di equivoci, dico con chiarezza che il mio non è assolutamente un atto di accusa, ma vuole essere soprattutto una riflessione sulla strada che nel futuro prossimo questa Università deve imboccare. Da componente della comunità accademica, leggere commenti in cui si evidenzia la crescita dell’Università non può che farmi piacere, specie in un periodo quale proprio quello delle immatricolazioni, tuttavia l’osservazione di lungo periodo ci dice altro. Innanzitutto, suggerisce che mentre altrove le misure legate al superamento dell’emergenza sanitaria sono state capitalizzate in fretta, Unime non è riuscita a sfruttarle per spiccare un deciso balzo in avanti. Né può valere l’idea che quando i cantieri attualmente aperti verranno chiusi, avvertiremo gli effetti in maniera decisa, perché attualmente anche le altre Università stanno operando per migliorarsi. A Catania, per riferirci a un caso a noi vicino, sono stati impegnati quasi 100 milioni per la costruzione del nuovo campus.
In tale prospettiva, questa graduatoria ci dice soprattutto che non dobbiamo accontentarci della mediocrità e occorre ragionare in ottica di macro-sistema e non limitandosi ad aggiungere piccoli tasselli.
Ragiono su un altro dato:
Poche volte come in questo momento le Università italiane hanno avuto a disposizione risorse, la vera differenza non la fanno i punticini in più o in meno in graduatoria, ma l’idea di spenderle in funzione di una visione complessiva, che non sia semplicemente una “navigazione a vista”, bensì risponda a un progetto ambizioso e di grande spessore, qual è quello che meritano il comprensorio e la comunità accademica messinese. Personalmente, ritengo che l’essere al centro di un’area, il Mediterraneo, in crescita esponenziale non può che rappresentare un’opportunità da sfruttare, affinché la crescita sia reale e ci renda competitivi rispetto alle altre università. Poi, ovviamente, ci saranno – ribadisco – classifiche in cui tutto ciò emergerà in modo più evidente e altre maggiormente penalizzanti, ma l’importante è puntare veramente in alto.